Mauro Gamberini – l’IronOttico

Incontriamo Mauro Gamberini reduce non da un ironman qualsiasi ma dall’Elbaman, un ironman caratterizzato da un percorso bici molto impegnativo.

Tu ti sei iscritto agli Spartans all’inizio del 2016. Perchè? E come hai conosciuto gli Spartans?

Quando ho capito che per poter fare triathlon era necessario iscriversi a un team sportivo ho cercato online e ho trovato un paio di siti interessanti. Ho mandato due email: quella destinata al Team Spartans ha ricevuto una risposta completa dove venivano toccati tutti i punti di mio interesse, in quanto principiante. Avrei avuto supporto, possibilità di partecipare ad allenamenti collettivi, tabelle e la “promessa” di essere condotto mano nella mano al mio primo Ironman partendo da zero. Tutto questo senza l’obbligo di essere un “campione”. In pochi minuti ero già inserito nella chat Spartans di WhatApp e il giorno dopo venne a trovarmi in negozio, reduce dalla Maratona di Venezia, Federico Franchini presidente degli Spartans per darmi tutte le info di cui avevo bisogno per partire immediatamente. Fatti, non parole,  ed era questo di cui avevo bisogno. Ecco perchè ho scelto gli Spartans.

Dalle classifiche redatte dal classificatore vedo che la tua prima gara è stata la Corrida di San Geminiano alla fine di gennaio. E’ stata la tua prima esperienza, oppure hai fatto altre gare in precedenza?

In realtà ho iniziato ad allenarmi nell’estate 2015 con l’idea di partecipare alla Run Tune Up, la mezza maratona di Bologna, che però ho saltato causa mancanza di certificato medico e scarso allenamento. Poi ho continuato mettendomi come obiettivo la mezza maratona di Castel Maggiore a dicembre ma per tre mesi ho avuto male a un ginocchio ed ho dovuto saltare anche quella. Finalmente mi sono poi ripreso ed ho potuto partecipare alla mia prima corsa competitiva con in mente l’appuntamento con la Maratona di Ferrara a cui avrei partecipato a marzo.

Prima di queste gare l’ultima a cui avevo cercato di partecipare fu la corsa campestre delle superiori, 20 anni prima, a cui però non mi permisero di partecipare per superati limiti di età.

Solo corsa? E con il nuoto e con il ciclismo, come eri messo?

Nuoto direi male. Come per la corsa ero fermo da almeno 20 anni, dal periodo delle superiori. A settembre 2015 ho iniziato a nuotare e a metà vasca da 25 metri dovevo fermarmi e fare una pausa. A gennaio ho fatto tre mesi di corso di nuoto con gli Spartans specifico per il triathlon e ho iniziato a migliorarmi pian piano. Con il ciclismo ero messo ancora peggio: mai avuto una bici da corsa al massimo avevo fatto 20 km con una mountain bike da 100 euro. Ho iniziato solo a marzo con un allenamento al mese, intensificando poi le uscite da maggio – giugno anche grazie al fatto di essere riuscito a procurarmi una bici da corsa seria e più prestazionale.

In febbraio una mezza maratona, in marzo una granfondo pianeggiante e la maratona di Ferrara.

Sì, risolto il problema al ginocchio, causato sicuramente dall’essere partito in quarta da zero, ho cercato di correre il più possibile per prepararmi all’obiettivo del periodo che era la Maratona di Ferrara. La mezza maratona intermedia mi è sembrato il giusto test della mia preparazione.

La granfondo pianeggiate è stata invece la mia prima uscita in assoluto in bici, un 90 km disperso nella nebbia delle campagne ferraresi avvolto dal freddo il tutto su una bici Benotto dei primi anni 90 con gli ultimi chilometri seguito a ruota dall’ambulanza che mi chiedeva di tanto in tanto se andava tutto bene.

Però anche qualche ritiro: ricordo la Cassani e il triathlon medio a Volano. Volano è stato il tuo primo triathlon? Cosa ti è successo?

Ritirarmi non fa parte del mio DNA, e penso di averlo dimostrato con Elbaman. A Volano non ho voluto mancare sia perchè partecipavamo in un bel po’ di Spartans sia perchè avevo fretta di provare sulla mia pelle cosa fosse un triathlon. Ed infatti ho capito sulla mia pelle che nuotare in acque libere non è come nuotare in piscina. Nel nuoto mi sono bloccato, non ero preparato e non ero stato messo in guardia sul fatto che potevo essere preso da un “attacco di panico” o da qualsiasi cosa fosse stata quella sensazione. Ma ho fatto appello a tutte le mie forze e sono riuscito a terminare la frazione di nuoto. Uscito ultimo ho preso la mia bici anni 90 e ho percorso settanta chilometri. Quella era la mia seconda uscita in bici e tutti andavano come dei fulmini. L’organizzazione mi ha fatto capire che non avevano, giustamente, gran voglia di tenere chiusa al traffico la strada solo per me e anche se ero ancora nei tempi previsti ho tagliato andando a correre per circa 10 km ma di fatto risultando ritirato.

Per la Cassani invece, che sarebbe stata la mia terza uscita in bici compreso Volano, avevo già in mente di percorrerne solo 40 km evitando così di fatto le salite a cui sapevo non essere pronto. L’ho vissuta come un allenamento in compagnia della mia squadra.

Vedo però che hai reagito bene: hai inanellato una serie di gare sulle distanze sprint e olimpico più anche un paio di trail. Come e dove ti alleni? Ti alleni con qualcuno? Segui delle tabelle?

Alle difficoltà avute durante il triathlon di Volano ho reagito partecipando a quasi due gare al mese da maggio a luglio. Da ex motociclista so che quando si cade bisogno cercare di rialzarsi e tornare in sella subito. Le distanze sprint e olimpico erano di certo più alla portata del mio allenamento e in più mi consentivano di prendere confidenza con le acque libere.

Anche questi triathlon sono stati da me sfruttati come allenamenti in realtà, integrati dalle uscite running del giovedì con gli Spartans da Road Runner. Il resto degli allenamenti li faccio sempre da solo ma solo per mancanza di alternative.

Ho provato a seguire inizialmente delle tabelle ma ho visto che per ora, su di me, funziona meglio fare quello che mi sento e di cui ho voglia. Già sono “costretto” sei giorni su sette al lavoro, se poi nel tempo libero devo “costringermi” anche a fare ciò di cui non ho tanta voglia per me non avrebbe senso.

Vai in palestra? Che tipo di allenamenti fai in palestra?

Ho praticamente sempre fatto palestra, intesa come sala pesi, anche se con alti e bassi. Mantengo questa ottima abitudine facendo un’ora alla settimana fissa seguito da un valido personal trainer. Certo solo un’ora è poco ma cerco di seguire un piano total body dove alleno tutti i gruppi muscolari superiori e inferiori.

Qual è la tua settimana tipo?

Lavorando in un negozio di ottica, un lavoro quindi statico e scandito da orari ben precisi dal lunedì al sabato, ho a disposizione solo la pausa pranzo da tre ore.  Solitamente riesco a ripartirla così: il lunedì nuoto, martedì corsa, mercoledì nuoto, giovedì corsa o bici, venerdì palestra, sabato nuoto o riposo, domenica gara o un lungo di corsa o di bici.

Hai incrementato gli allenamenti nel corso del 2016?

Per tutto l’inverno 2015 mi sono allenamento praticamente solo una volta a settimana e il male al ginocchio non mi ha aiutato. Dopo la maratona di Ferrara a marzo 2016 ho dovuto nuovamente rallentare le sessioni di running poichè il ginocchio era tornato a farsi sentire. Sono riuscito a intensificare verso l’estate dedicandomi allo sport almeno tre volte a settimana.

E la dieta? Usi degli integratori? Quali? Perchè?

Io per dieta intendo seguire una alimentazione controllata e mirata ad ottenere un risultato sul proprio fisico e sul proprio rendimento sportivo e quotidiano rispettando la salute. O più semplicemente sapere quello che stai mangiando, in quale quantità e per quale motivo. Quindi in questi termini ritengo che per chiunque sia indispensabile seguire una dieta e ancora di più per chi vuole praticare uno sport come il triathlon e fare degli ironman. Non si può pretendere di sottoporre il proprio fisico a questi allenamenti e a gare di endurance senza avere controllo su cosa si mangia ogni giorno. E penso che per gestire al meglio la proprio dieta sia indispensabile usare integratori. In particolare di proteine, di amminoacidi e creatina che sotto forma anche di barrette e biscotti mi sono comodi per fare gli spuntini di metà mattina e pomeriggio durante il lavoro.

Per la corretta alimentazione sono seguito dai nutrizionisti del Strategic Nutrition Center di Bologna, per gli integratori mi affido ai prodotti Max Nutrition di Sassuolo.

E veniamo all’Elbaman. Quando ti sei iscritto alla gara?

Quando ho iniziato ad allenarmi l’anno scorso l’obiettivo era fare un triathlon ironman nell’estate 2016, quando avrei compiuto 40 anni. Arrivata l’estate mi sono reso conto che faticavo a finire in tempi decenti un olimpico ma anche un “semplice” sprint. Avevo quindi abbandonato l’idea del full. Poi ad agosto vedo che sono aperte le liste di attesa per Elbaman, le cui iscrizioni sono complete e chiuse da diversi mesi. Con la convinzione di non essere mai ripescato mi metto in lista. Due giorni dopo ricevo un’email che mi chiede di perfezionare l’iscrizione in quanto un atleta si è infortunato e si è liberato un posto. Io lo interpreto come un “segno del destino” a cui non posso dire di no e mi trovo con soli 40 giorni per preparare un ironman tosto come Elbaman.

Perchè non hai inserito nel tuo percorso di avvicinamento all’ironman alcun mezzo?

Mi ero concentrato su distanze più alla mia portata come sprint e olimpico e l’iscrizione così improvvisa a Elbaman non mi ha dato tempo per provare il mezzo che fino ad allora avevo evitato pensando di riprovarci l’anno dopo.

Cosa hai mangiato il sabato sera prima della gara?

Ho fatto quello che non si dovrebbe fare cambiando la mia solita alimentazione e di certo la sera prima della gara non ho seguito le indicazioni del nutrizionista. Forse perchè avevo bisogno di una sorta di “ultimo pasto” mi sono concesso un antipasto di pesce, spaghetti alle cozze, una orata alla griglia con insalata abbondante e per finire una pizza ai funghi e prosciutto. Il tutto accompagnato da un litro di birra che per me che non sono abituato a bere alcolici è stato molto singolare.

Eri teso? Sei riuscito a dormire?

Non ero teso perchè stavo facendo qualcosa che avevo scelto io ed ero deciso di prendermela con tutta la calma possibile, rispettando i miei tempi. Forse giusto una preoccupazione in sottofondo per il timore di non restare dentro i tempi ed essere costretto al ritiro, una sorta di Volano 2.

Non ho faticato a prendere sonno ma allo stesso tempo non sono riuscito ad andare a letto prima del solito quindi alla fine ho dormito solo 5 ore.

A che ora ti sei svegliato e cosa hai fatto? Sei andato in zona cambio a controllare le ultime cose?

Sveglia alle 5.08, colazione alle 5.30 e poi in zona cambio a sistemare borracce, integratori e le sacche per il cambio. Alla fine avevo portato con me la pompa per le gomme della bici ed ho dovuto rimanere fino all’ultimo, rischiando di mancare la spunta del nuoto, per aiutare un atleta inglese che aveva un grosso problema con la ruota posteriore. Ma anche questo è triathlon.

Hai infilato la muta ed ora sei sulla riva del mare ad attendere la partenza. Hai fatto la pipì nella muta? Io, come molti, la faccio sempre. Che sensazioni ricordi?

Per mia fortuna la zona circostante era ben servita da bagni chimici. Quindi dopo aver fatto pipì nel “posto giusto” mi trovo difronte al golfo di Marina di Campo ancora illuminato dalle sole luci delle case che si riflettono sull’acqua. Quando entro l’acqua è calda e trasparente e questo di dà sicurezza. Anche l’essere riuscito a fare qualche bracciata di riscaldamento prima dello start mi ha aiutato a rilassarmi.

Suona la tromba ed entri in acqua: descrivi questi momenti e la tua nuotata. Il mare era tranquillo?

Il mare era tranquillissimo e così anche io. Quando parto assieme agli altri 350 atleti del lungo non ho la solita agitazione che ho incontrato nei primi 100/150 metri di nuoto degli altri triathlon. E questo gioca a mio favore. Il mare così limpido da farmi vedere il fondo lungo tutto il percorso come in una piscina e addirittura qualche pesce mi ha consentito di isolarmi nei miei pensieri e percorrere tutta la distanza a stile libero senza nessuna interruzione. E’ stata la prima volta che ho percorso 3800 metri ma anche la prima volta che facevo una frazione nuoto tutta a stile e senza pause.

In poco meno di un’ora e mezza sei uscito dall’acqua. Sfili la parte superiore della muta, corri, trova la bici, sfila la muta, infila le scarpe, indossa il pettorale, indossa gli occhiali e il casco, prendi la bici, corri fuori dalla zona cambio, monta sulla bici, aggancia le scarpe ai pedali e parti: in questi momenti concitati pensavi o procedevi con il pilota automatico?

Il nuoto mi ha rilassato e ricaricato. Sono uscito con oltre 15 minuti di margine rispetto alla mia tabella di marcia ed ero contento perchè significavano più tempo a disposizione per la frazione bici dove rischiavo di non rimanere dentro ai limiti di tempo.

Dopo quasi 10 triathlon in pochi mesi ho ben presente cosa fare in una zona cambio ma sei pur sempre in una gara. Mi guardavo attorno e osservavo gli altri atleti. C’era chi mangiava del riso e chi si cambiava completamente indossando pantaloni specifici da bici invece del body pensavo se avessi dovuto fare così anche io ma ormai il dado era tratto.

Com’è il percorso ciclistico? Le salite sono così toste? Che cosa pensavi? Hai sofferto?

Prima di fare l’Elbaman ho avuto modo di fare solo 3 uscite di salita in bici, percorrendo in totale 150 chilometri. Non ho quindi molti riferimenti  per giudicare un percorso bici con le salite ma sia dai commenti di chi l’aveva già fatto sia vedendo la sofferenza altrui e i ritiri durante la gara posso dire che era certamente impegnativo. Io l’ho fatto con il mio passo, ho pedalato sempre ed ho cercato di mantenere una cadenza elevata. C’è un tratto, da ripetere ad ogni giro, che è praticamente una salita costante per oltre 11 chilometri che non vedi l’ora che finisca.

Ora hai finito il primo giro e devi farne altri due. Conosci le salite, ti hanno fatto male e le devi affrontare di nuovo. In più sei stanco. Come hai affrontato il secondo giro? Non hai avuto il fortissimo desiderio di mollare tutto, andare a fare una doccia e a berti una birra?

Avevo costantemente in testa i cancelli orari. Dovevo completare i primi due giri entro le 15.00 e l’ultimo entro le 17.30. Continuavo a fare i miei calcoli e a tenere l’occhio sul Garmin con il tempo totale e la velocità media in bella vista.

Di certo nel secondo e terzo giro la fatica e i chilometri a cui non ero abituato si sono fatti sentire ma l’essere riuscito a completare il primo giro, cosa che non era per nulla scontata, prima dei tempi che mi ero dato mi ha dato la carica per continuare.

L’idea di mollare ti si insinua praticamente ogni minuto durante 9 ore di bici, e si fa più forte quando iniziano i dolori dovuti alla posizione mantenuta in sella. Ma quando si dice che nell’endurance si deve avere soprattutto “testa” è in questi momenti che si deve tirarla fuori e andare avanti.

E’ stato più complicato il primo, il secondo o il terzo giro? Perchè?

Devo dire il terzo giro. Non so cosa sia successo di preciso ma nel primo giro ho “volato” considerando i miei tempi e il mio allenamento. C’è stato addirittura chi, quando l’ho superato, ha detto “Guarda quello se va!”. L’ho concluso con ben 10 minuti in meno rispetto le mie già molto strette previsioni per rimanete nei cancelli, considerando anche mi sono fermato per diversi minuti ai ristori. In pratica per i primi 80 chilometri sono andato bene e mi sono pure divertito godendomi il paesaggio e pensavo che se era tutto lì…ma poi per i 100 km successivi ho iniziato a rallentare il passo senza neppure accorgermene, sentendo maggiormente la fatica.

Finito il secondo giro con mezz’ora di anticipo rispetto al cancello mi sono però accorto che ci stavo impiegando 25 minuti in più rispetto al primo. Quindi il terzo e ultimo giro è stato per me più impegnativo in quanto l’ho percorso per tutto il tempo con in testa il pensiero di non arrivare in tempo per una manciata di minuti. Una tecnica che ho usato era di sfruttare al massimo le discese presenti negli ultimi 20 chilometri pedalando il più forte possibile. In quei tratti non nascondo di aver sorpassato anche un bel po’ di auto e di essermi preso dei rischi ma in mente avevo solo l’idea di arrivare in tempo alla T2.

Come ti sei alimentato?

Sono partito con due borracce da 750 ml riempite con acqua, sali e proteine. Almeno una decina di gel e diverse barrette energetiche e proteiche.

Ogni 15 minuti bevevo e ogni 45 minuti mangiavo alternando gel, barretta o banana.

Avevi tutto con te oppure hai utilizzato i ristori?

Alla fine i ristori erano ben distanziati e riforniti quindi molti dei gel e delle barrette che avevo dietro non le ho usate e me le sono riportate a casa. Per l’alimentazione ho imparato una lezione: la prossima volta sfrutterò la possibilità del ristoro personalizzato dove lascerò dei cibi solidi e golosi come panini con salume, merendine, riso con tonno perchè nove ore di acqua, gel e barrette minano la forza di volontà.

Hai avuto necessità di fare pipì? Ti sei fermato o l’hai fatta in sella? Io a Barcellona mi sono fermato perdendo minuti preziosi ed arrivando fuori tempo massimo proprio per quei minuti persi, altri l’hanno fatta in sella.

Fare la pipì in sella è ancora troppo a livello “atleta professionista” per me. Non ho mai provato ma penso di non esserne capace e in più ritengo di essere ancora troppo lento per avvantaggiarmi dei minuti guadagnati in questo modo. Anche perchè ho avuto necessità di fermarmi diverse volte ai ristori, oltre che per fare pipì, per fare stretching a gambe, schiena e braccia per colpa della posizione in bici. E anche per fare riposare il “sedere”.

Certamente lungo l’ultimo giro, quando ero sempre più convinto che non ce l’avrei fatta per una manciata di minuti, come è accaduto a te a Barcellona, mi avrebbe fatto comodo non essermi fermato tutte quelle volte ma pensavo che se così non fosse stato non sarei riuscito ad arrivare neanche a quel punto.

Dopo 9 ore e 6 minuti entri in zona cambio. Ti togli il casco, giri il pettorale, indossi le scarpe da corsa e via. Come ti sentivi?

Ero certamente stordito dal lungo percorso bici in solitaria o almeno questa è l’impressione che davo a tal punto che uno dei giudici è venuto dalla mia bici ad accompagnarmi alla tenda per il cambio mostrandomi la strada. In più ho avuto difficoltà a capire dove era l’uscita per la maratona. Ma ero contento di essere riuscito a terminare la frazione bici, quella dove tutti mi avevano dato per spacciato e forse neppure io sono rimasto stupito di essere riuscito a finirla. Realizzato questo ho però subito iniziato a pensare che ero c’era una maratona da fare, probabilmente per altre 6 ore e mi chiedevo come accidenti avrei fatto.

C’erano dei tempi limite?

Sì, c’erano dei tempi limite e come tutti i triathlon che ho fatto non capisco perchè ma i tempi bike sono sempre quelli più stretti. Ma probabilmente perchè sono io ad essere scarsamente preparato in questa frazione. Considerando i singoli limiti di tempo il nuoto l’ho terminato 45 minuti sotto il cancello, la bici e la maratona con 15 minuti di margine.

E ora la maratona: come l’hai affrontata? Hai spinto all’inizio poi hai rallentato successivamente? L’hai fatta a velocità regolare?

Avevo studiato bene i tempi a tavolino, con il progetto di finire il tutto entro le 17 ore, dalle sette di mattina a mezzanotte, sfruttando ogni singolo minuto a mia disposizione in quanto il mio obiettivo era di essere un finisher. Quindi a quel punto, messa via la bici e indossate le scarpe da running, avevo più di sei ore per la maratona e quindi mi ero imposto un’ora per giro, essendo composta da 6 giri di 7 chilometri l’uno.

Il mio timore era rivolto alle gambe: non sapevo come si sarebbero comportate dopo 180 km di bici così dura. Volevo evitare l’infortunio e una qualsiasi problematica che mi avrebbe costretto al ritiro. Sono quindi andato con una certa calma fino alla mezza maratona alternando tre o quattro chilometri di corsa a uno di camminata veloce. Quando ho visto che ero ampiamente sotto i miei tempi e che le gambe reggevano alla grande ho provato anche ad aumentare il passo ma quando ho capito che avrei comunque raggiunto il mio obiettivo di giungere fino in fondo sono nuovamente andato al risparmio.

E lo stomaco, fra gel, barrette, sali e acqua, come stava?

Certamente non tanto bene, probabilmente avevo ingerito troppi liquidi e pochi solidi. Ma non ho sofferto per mia fortuna di problemi particolari. Lo stato invece in cui si trovavano i  WC chimici a disposizione lasciavano immaginare che non tutti avevano avuto la mia stessa fortuna.

Come ti sei alimentato in maratona? Hai utilizzato i ristori? Erano frequenti e ben forniti?

Sì ho utilizzato ogni ristoro, fermandomi con calma e cercando di bere e mangiare senza esagerare ma costantemente. Erano ben forniti con noci e mandorle, acqua, coca cola, sali, agrumi e banane. Ho variato tra questi alimenti proprio per non cadere in “noia” e ho usato un paio di gel e un barretta.

Anche in questa frazione ho sofferto la mancanza di cibo solido, invidiando chi aveva predisposto il proprio ristoro personalizzato. Ricordo che per gli ultimi due giri ero più preoccupato se dopo il mio arrivo, previsto per mezzanotte, avrei trovato una pizzeria aperta piuttosto che riuscire a terminare la gara.

Devo poi segnalare la presenza di un simpatico e utilissimo ristoro “fai da te” organizzato da un gentile signore che con un tavolo di fronte a casa sua offriva a tutti un caffè dalla moka.

In marzo a Ferrara hai corso  la maratona in 5 ore e 27 minuti. All’Elba, dopo 3,8 km di nuoto e 180 di bici con 2500 metri di dislivello, ha impiegato 17 minuti in più: da marzo a settembre hai fatto molti progressi. Come hai gestito la frazione di corsa?

Alla maratona di Ferrara a marzo non ero di certo arrivato pronto, nell’ultimo lungo di preparazione zoppicavo e lo stesso problema si è presentato nell’evento dopo il 30esimo km. All’Elba invece non ho avuto problemi fisici ma c’erano le oltre 10 ore e 30 di nuoto e bici sulle spalle. La frazione corsa quindi l’ho gestita con il solo obiettivo di arrivare alla fine senza rischi. In effetti con il senno di poi invece che al passo di 8:26 min/km avrei probabilmente potuto tenere un 6:30 min/km finendo in 4 ore e 35 minuti quindi oltre un’ora prima ma…sono conti facili da fare ora seduto sulla scrivania di casa.

Dopo 16 ore e mezzo di gara ecco la finish line: descrivici le tue sensazioni.

Essendo la maratona su 6 giri tutte le volte che ripassavo davanti alla finish line senza poterla ancora imboccare la osservavo e mi immaginavo nell’attraversarla. Questo di dava carica, l’obiettivo di oltre un anno di preparazione era lì distante solo ancora qualche giro.

A qualche centinaia di metri, lungo quel percorso che ormai conoscevo a memoria, ho finalmente capito che ormai ero riuscito ad arrivare e quei metri sono stati la mia vera finish line. Poi il passaggio in mezzo alla gente che applaudiva, il taglio del traguardo con i fotografi e qualche fotografia con i membri dello staff è durato una frazione di secondi. Neanche me ne sono accorto che ero già con la medaglia al collo al pasta party a mangiare un piatto di maccheroni al ragù e una birra fresca.

E il post gara? Hai avuto dei problemi nel recupero? Tutto bene?

Pensavo di avere difficoltà a muovermi almeno per una settimana. In realtà già la mattina dopo ero a nuotare in mare, e stessa cosa martedì in piscina. Il giovedì già a correre.

I muscoli e le gambe non mi hanno dato problemi, il fastidio maggiore è stato dato dalla posizione prolungata in bici.

Ed ora? Che pensi di fare? Molti si imprimono questa esperienza sulla pelle in modo indelebile con un tatuaggio.

Un tatuaggio? Ne ho un paio, ricordo di un periodo della mia vita in cui tatuarsi era un simbolo di coraggio e ribellione e si era guardati male in quanto tatuati. Non credo che avrò bisogno di un tatuaggio per ricordarmi dell’impresa Elbaman, ma mai dire mai.

E le prossime gare? Hai già qualcosa nel mirino?

Certo, da mesi ho già in programma Swim the Island, gara di nuoto in mare di 6 chilometri e la maratona di Parma la settimana dopo. Poi vorrei continuare con una maratona al mese per prepararmi alle ultra maratone e ai trail. Sono già iscritto alla prima edizione della Ultra Trail della Via degli Dei, da Bologna a Firenze. Ma anche il Passatore mi ronza in testa da un po’…e forse chissà per l’estate prossima un altro Ironman, giusto per non perdere il vizio.

Dal divano all’ironman in pochi mesi: molti complimenti. Ma se uno volesse imitarti, che consigli gli vorresti dare? Consigli di fare tutto e subito mangiando le tappe oppure gli diresti di prenderla con più calma facendo prima dei mezzi?

Forse dipende dall’obiettivo. Se si punta a fare il tempo probabilmente sarebbe meglio passare per qualche mezzo. Il mio obiettivo era entro un anno riuscire a completare un triathlon su distanza Ironman e partendo da zero è stato per forza necessario bruciare le tappe, altrimenti non ce l’avrei fatta soprattutto perchè il lavoro non mi lasciava molto tempo per allenarmi.

Il mio consiglio, che ho applicato su di me, è quello di ascoltare il proprio corpo e la propria mente e solo dopo i consigli degli altri, che di certo sono importanti ma vengono dopo quello che sentiamo dentro di noi. Se avessi fatto le cose come mi veniva consigliato non solo avrei dovuto aspettare ancora uno o due anni prima di tentare Elbaman ma nessuno avrebbe scommesso un euro sul mio completamento della gara.

Ti elenco una serie di fattori a cui ti chiedo di attribuire una percentuale di importanza per il conseguimento della finish line dell’Elbaman:

  • Tabelle di allenamento 50%
  • Allenatore (se ce l’hai)
  • Allenamenti 95%
  • Determinazione personale 100%
  • Squadra 99%
  • Strategia in gara 90%

 

Mauro si è preso dei rischi nell’affrontare una gara difficile senza una preparazione canonica. In questo caso la testa ha compensato la mancanza di sedute specifiche di allenamento. Che dire? Anche questo è spirto Spartans: volontà, caparbietà, impegno alla massima potenza per il raggiungimento dell’obiettivo personale di concludere un ironman. Non importa il cronometro, non importa vincere la slot. Coloro che hanno fatto catechismo ricorderanno la parabola dei talenti: ognuno di noi ne ha ricevuti qualcuno ma gli Spartans li fanno fruttare tutti, pochi o tanti che siano. E Mauro Gamberini i suoi li ha valorizzati tutti.